Per lavoro ho sempre più a che fare con Hong Kong, Taiwan e la Cina. Per esemplificare: se quando ho iniziato a lavorare vendevo materiali europei in Europa, attualmente vendo soprattutto materiali asiatici in Europa, ora infine ho iniziato a fare direttamente Asia su Asia. Trend che mostra chiaramente verso dove si stia spostando il centro del mondo, almeno il mio. Comunque, più vado in Cina e più apprezzo Hong Kong e Taiwan, ma questo penso sia un mio problema personale caratteriale con la “Mainland China”, come viene chiamata a Hong Kong e Taiwan.
Dato che collaboro con una società di Hong Kong, mi sono letto un bel libro sulla sua storia moderna; sapete, mi piace capire i posti con i quali ho a che fare. È stata una lettura molto interessante perché mi ha fatto scoprire degli aspetti che non conoscevo. Per esempio che i britannici non sono sempre dei volpini quando si tratta di diplomazia ma che al contenpo sono riusciti a creare a Hong Kong un governo conforme al modello confuciano di governo, senza saperlo. Hong Kong non è mai stata una democrazia. La Gran Bretagna aveva bisogno di un avamposto in Cina, se l’è preso, ha fatto un porto franco e ha lasciato che la popolazione cinese crescesse economicamente come meglio desiderava. Governo minimo, minima interferenza negli affari delle persone ma anche (dai ’70) un welfare state basilare. Gli abitanti di Hong Kong hanno ringraziato e si sono dati da fare, non interessandosi minimamente dell’aspetto democratico; non per niente Hong Kong era una colonia.
Tuttavia a causa della diplomazia britannica non propriamente acuta di cui sopra, l’anno 1997 ha segnato il ritorno di Hong Kong alla Cina. La Gran Bretagna l’aveva presa che era un villaggio di pescatori e ha restituita una delle città più importanti del mondo. Gli abitanti di Hong Kong non erano decisamente felici di tornare a far parte della Cina, avevano paura che il loro stile di vita (selvaggiamente capitalista e regolato dalla Rule of Law britannica) venisse spazzato via dal comunismo cinese. Nonostante questi timori (che erano molto reali), gli abitanti di Hong Kong non sono praticamente stati interpellati sul loro futuro: la Cina e la Gran Bretagna si sono accordate per i fatti loro e il 1997 ha segnato appunto il ritorno di Hong Kong alla Cina (in base al principio, precario, “un Paese, due sistemi”). Nonostante il timore degli abitanti, nella seconda metà degli anni ’80 (mentre Gran Bretagna e Cina stavano trattando) a Hong Kong non si è formata nessuna voce organizzata che chiedesse il diritto degli abitanti di decidere del loro futuro. Nonostante la grande maggioranza della popolazione volesse restare sotto la Gran Bretagna, non si è formato nessun movimento politico. Abbastanza sbalorditivo secondo me.
Gli abitanti di Hong Kong, semplicemente, avevano interiorizzato la mentalità coloniale. Non si erano mai interessati di “politica” in senso generale e nel momento cruciale per il loro futuro (momento veramente decisivo per le sorti di Hong Kong) hanno semplicemente continuato a fare da spettatori confidando nel solito potere coloniale. Questo mi ha fatto pensare. C’è un articolo di Jeffrey Tucker che sta girando molto in questi mesi: Against Libertarian Brutalism. Io sposo in toto questo articolo. Come con le altre cose che scrive Tucker, secondo me anche nei riguardi della democrazia noi libertari dovremmo essere meno “brutalisti”. L’acqua sporca per noi libertari è il sistema democratico, ossia minoranze organizzate che governano coercitivamente maggioranze non organizzate. Il bambino invece è quell’idea condivisa dalle persone che sia un loro “diritto” scegliere su aspetti che riguardano la loro vita. Questo viene percepito come “democrazia” e noi libertari dovremmo non fare la figura dei fascisti che vanno contro la democrazia. A Hong Kong il non allenamento democratico ha portato all’apatia, al passare da un padrone all’altro. Io penso che ci siano target più appetibili per noi libertari rispetto all’andare contro la democrazia tout court.